Questo datacentre nel centro di ricerca NEST dell’Empa non si limita a calcolare ma riscalda anche l’edificio in cui si trova grazie al calore residuo che emette. Foto: Empa

I computer riscalderanno presto le nostre case?

Heizen Computer bald dein Haus?

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Sfruttare il calore residuo invece di disperderlo.

Immaginatevi lo scenario seguente: nella cantina di casa vostra si trova un piccolo centro di calcolo, una dozzina di server, non più grande del serbatoio della nafta che avete ora. Nella cantina del vostro vicino ce n’è uno uguale, proprio come in tutte le altre case del quartiere. I server girano a pieno ritmo, raccolgono e forniscono dati. E naturalmente generano calore.

Stell dir folgendes Szenario vor: Im Keller deines Hauses steht ein kleines Rechenzentrum – ein Dutzend Server, alles zusammen nicht grösser als die Ölheizung des Hauses. Bei deinem Nachbarn steht dasselbe, ebenso in weiteren Gebäuden des Quartiers. Die Server laufen auf Hochtouren, empfangen und liefern Daten. Abwärme entsteht.

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Cambio di scena. Internet of Things. Guida autonoma. Blockchain. Intelligenza artificiale. A livello mondiale, il fabbisogno di potenza per i computer è incalcolabile. Maggiori prestazioni significano però maggiore consumo di elettricità e aumento della produzione di calore residuo: i chip possono scaldarsi fino a 100°C. Devono essere raffreddati e il calore deve essere disperso.

Al giorno d’oggi, nella maggior parte dei casi il calore viene disperso nell’aria e in questo modo contribuisce al riscaldamento climatico. Perché non utilizzarlo quindi? Ad esempio per riscaldare una casa o per produrre acqua calda? O per riscaldare un intero quartiere? Un’utopia? Certo che no! Esiste già un primo progetto pilota.

Sufficiente a riscaldare una piccola casa plurifamiliare

Molte questioni sono ancora irrisolte e proprio a queste è rivolto il progetto di ricerca «ECO-Qube» dell’istituto di ricerca Empa di Dübendorf in collaborazione con un team di ricerca europeo. In tre sedi in Europa si trovano i cosiddetti Edge datacentre, piccoli centri di calcolo locali come quelli che potrebbero trovarsi nella vostra cantina: uno in Turchia, uno in Olanda e uno nell’innovativo edifico NEST a Dübendorf.

I tre centri di calcolo sono integrati direttamente nel sistema energetico dei quartieri circostanti e saranno alimentati per quanto possibile con energie rinnovabili. L’obiettivo? Combinare le componenti hardware e software con l’aiuto dell’intelligenza artificiale per far sì che l’energia e il calore residuo vengano sfruttati nel modo più efficiente possibile.

«Un datacentre Edge produce circa 20 kW di energia termica», spiega Philipp Heer, responsabile dell’«Energy Hub» dell’Empa. Con l’impiego di uno scambiatore termico, questa quantità è sufficiente per riscaldare una piccola casa plurifamiliare. «Dai server è possibile ottenere calore fino a una temperatura di 60°C.» Le condizioni: i server devono essere gestiti e raffreddati da un sistema smart.

Un datacentre come quello della NEST ha le dimensioni di una cisterna per la nafta e potrebbe un giorno addirittura sostituirla. Foto: Empa


Problemi con l’immagazzinamento stagionale

«Tuttavia il calore non viene sempre prodotto dove serve. Il centro di calcolo altrimenti resterebbe inoperativo», spiega. Gli edifici e il datacentre devono quindi comunicare tra loro e per farlo serve la rispettiva tecnologia. «Non si tratta solo di sfruttare al meglio il sistema energetico ma anche di avere un impatto il più ridotto possibile sull’ambiente», spiega Heer. Per cosa si utilizza il calore residuo in estate ad esempio? Una soluzione sarebbe l’immagazzinamento dell’energia termica. Heer: «il problema con l’immagazzinamento stagionale dell’energia non è ancora risolto.»

Forse «ECO-Qube» riuscirà a fornire una risposta. Il progetto ha una durata di tre anni ed è sostenuto dal programma di ricerca europeo «Horizon 2020». I risultati della ricerca dovrebbero poi essere messi a disposizione di progettisti e gestori di edifici. Chi lo sa, magari un giorno abiterete anche voi in una casa riscaldata grazie all’elaborazione dei dati.

Szenenwechsel. Das Internet of Things. Autonomes Fahren. Blockchain. Künstliche Intelligenz. Weltweit wächst der Bedarf an Computerpower ins Unermessliche. Rechenleistung bedeutet jedoch Strombedarf und Hitze: Chips können bis zu 100 Grad heiss werden. Sie müssen gekühlt werden, die Wärme muss weg.

In den meisten Fällen verpufft sie heute in die Luft – und erhitzt das Klima zusätzlich. Wieso sie also nicht nutzen? Zum Beispiel, um ein Haus zu heizen und das Warmwasser gleich mit dazu? Oder ein ganzes Quartier? Eine Utopie? Keineswegs – ein erstes Pilotprojekt existiert schon.

Genug, um ein kleines Mehrfamilienhaus zu heizen

Doch noch sind viele Fragen offen. Ihnen widmet sich das Forschungsprojekt «ECO-Qube» des Forschungsinstituts Empa in Dübendorf zusammen mit einem europäischen Forschungsteam. An drei Standorten in Europa stehen sogenannte Edge-Datenzentren – kleine lokale Rechenzentren, wie sie bei dir zuhause im Keller stehen könnten. Eins in der Türkei, eins in den Niederlanden und eins im Forschungsgebäude NEST in Dübendorf.

Die drei Rechenzentren sind direkt in die Energiesysteme der umliegenden Quartiere integriert und sollen möglichst mit erneuerbarer Energie gespeist werden. Das Ziel: Hardware- und Softwarekomponenten mit Hilfe von künstlicher Intelligenz so zu kombinieren, dass die Energie und die Abwärme möglichst effizient genutzt werden.

«Ein Edge-Datencenter produziert etwa 20 kW thermische Leistung», sagt Philipp Heer, Leiter des «Energy Hub» der Empa. Das würde genügen, um mit Hilfe eines Wärmetauschers ein kleines Mehrfamilienhaus zu heizen. «Aus den Servern lässt sich bis zu 60 Grad Hitze gewinnen.» Die Bedingung: Die Server müssen intelligent betrieben und gekühlt werden.

Ein Rechenzentrum, wie jenes im NEST-Gebäude, hat die Grösse einer Ölheizung und könnte eine solche eines Tages ersetzen. Foto: Empa


Problem der saisonalen Speicherung

«Allerdings wird die Wärme nicht immer dort gebraucht, wo sie entsteht. Oder das Rechenzentrum steht gerade still», sagt er. Deshalb müssten die Gebäude und Datenzentren miteinander kommunizieren und dafür brauche es die entsprechenden Technologien. «Es geht nicht nur um den höchsten Nutzen für das Energiesystem, sondern auch um den kleinsten Schaden für die Umwelt», sagt Heer. Was soll beispielsweise mit der Abwärme im Sommer geschehen? Eine Lösung wäre die thermische Speicherung. Heer: «Das Problem der saisonalen Energiespeicherung ist noch nicht gelöst.»

Vielleich liefert ECO-Qube Antworten dazu. Das Projekt ist auf drei Jahre angelegt und wird vom EU-Förderprogramm «Horizon 2020» unterstützt. Die Forschungsresultate sollen anschliessend Planenden und Gebäudebetreibenden zur Verfügung stehen. Wer weiss: Vielleicht wohnst du eines Tages in einem Haus, das mit Hilfe von Datenverarbeitung geheizt wird.

Prima pubblicazione:  
29.4.2022
  Ultimo aggiornamento: 
29.4.2022
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